mercoledì, settembre 15, 2010

the american



già il fatto che il nome di violante placido sia il secondo ad apparire nei titoli di testa, dovrebbe far molto riflettere su questo film. se poi ci aggiungiamo il fatto che lei è l’attrice protagonista, dovrebbe far riflettere ancora di più.

the american è un film che esiste perchè esiste george clooney e perchè l’ex dottore di er è business. è quasi matematico: dove c’è george ci sono anche i soldi.

la trama del film non è molto chiara. ad esempio sfugge chi sia lui, se non il “signor farfalla”. è una spia? è un criminale? sa il cazzo.

onestamente, non avendo letto il romanzo di booth, non so quanto la trasposizione cinematografica differisca dall’originale. ovvio però che così, qualcosa non funziona.

è un film è girato in maniera piuttosto semplice. e questo lo apprezzo anche. il paesaggio ha un’importanza fondamentale. in questo caso l’abruzzo. e immaginandoci questo film ambientato in qualsiasi altro posto, non starebbe proprio più in piedi.

per il resto ricorda diversi lait motiv di film anni ’70 (ora come ora non mi vengono in mente nomi di registi che girarono quelle pellicole. potrei dire polanski, ma forse ricordo male), dove lo straniero arriva nel paesello di campagna e cominciano ad accadere cose sinistre. ecco, forse allora funzionava, oggi è un po’ eccessivo.

clooney è l’unico volto davvero conosciuto. occhei, per noi c’è pure violante placido, ma all’estero dubito che abbia un nome.

violante placido che ama sempre di più spogliarsi nei film: da moana a ovunque sei e ora the american. un asso nella manica tutti ce lo devono avere. questo è evidentemente il suo. chiamiamolo così, va.

clooney ne firma anche la produzione e pertanto ci mette la faccia. cosa che però, stavolta, non funziona.

corbijn di per sè come regista non era male, o meglio, a me control è piaciuto. c’è anche da dire che lì si operava in un campo che lui conosce bene, cioè quello della musica. qua, andando in abruzzo è andato incontro a una terra straniera. in tutti i sensi.

toy story 3 - la grande fuga



mi è veramente piaciuto un cifro! no, non sono ironico, non sto scherzando. è un film che ha dentro tutto e strutturato per più letture. a dire il vero non sono stato in grado di calarmi nei panni di un bambino e percepire il film con i suoi occhi, ma l’ho letto secondo le mie possibilità. riesce a parlare in maniera piuttosto sincera e la battute non sono poi così tanto idiote.

due le grosse pecche di questo film (che poi sono due argomenti collegati): la scelta dei talent per doppiarlo; che io quando sento fabrizio frizzi parlare mi viene sempre in mente il ruolo che doveva essere suo di padre frediani (chi non ha visto boris non capisce). la seconda riguarda il mal costume di tradurre le canzoni: vabbè che son bambini, ma la scuola non vuole mica far parlare inglese sin dalla tenere età? che cazzo traduci? questi disgraziati mi hanno tradotto you’ve got a friend in me di quel gigante assoluto che è randy newman sia in italiano che in spagnolo! tipo che in iron man traducono back in black con torna in nero?

ah, inoltre il treddì non funziona ancora così bene (solito problema con la scarsa profondità di campo), anche se meglio di avatar, ma cristo dieci euro per un biglietto io non li spendo più.

piesse: mi rendo conto che in questo post non si capisce una beneamata fava, soprattutto per chi non ha visto il film, ma scrivere le trame la trovo un’attività davvero frustrante.

happy family



questo è un nuovo salvatores. più simile sicuramente a quello della trilogia della fuga, ma totalmente diverso dall’ultimo noir. è un salvatores che convince, me molto!

happy family è una commedia un tantino fuori dagli schemi tradizionali (in quanto a plot, non come tempi), il punto forte è di fatto il continuo intercedere tra lo sceneggiatore (fittizio) del film ovvero fabio de luigi e tutti gli altri vari characters: di come lui decida di far evolvere la storia, le loro storie personali ecc… una sorta di rivolta dei personaggi alla più banale delle storie, ma stando attenti a non sfociare in ste cose moderne che poi non si capisce più una mazza. come nel primo finale del film. al pubblico, quello veramente in sala, si rivolge direttamente solo ezio, lo sceneggiatore.

c’è quindi un doppio sfondamento della così detta quarta parete: i personaggi nei confronti dello sceneggiatore, lui a sua volta nei confronti del pubblico.

si torna ai vecchi fantasmagorici attori di salvatores: abatantuono, bentivoglio e il bellissimo cameo di ugo conti. m’ha fatto molto ridere lo scambio di battute tra i due protagonisti, quando bentivoglio dice ad abatantuono: “ma sei proprio sicuro di non essere mai stato in marocco? mi sembrava di aver già visto la tua faccia lì.” e ripensando a marrakech express e cosa significa quel film per me, confesso che mi sono un po’ venuti i lacrimoni agli occhi. quei bei tempi tra amici che non ritorneranno più… che poi è grazie a quei tre film che considero salvatores un dannato genio e un bravissimo cantastorie!

lo stile del regista è molto poliedrico in questa pellicola: si vede che ultimamente ha fatto molta pubblicità, certi movimenti di macchina, ricordano sputati quelli delle pubblicità delle auto (o delle banche). mischia anche quello stile più roccambolesco da macchina a mano, più proprio degli ultimi film noir a quello più lineare e classico della sua trilogia.

boris 3




oserei definire questa terza stagione di boris a tratti pirandelliana, chè magari non capisci subito il senso ma arrivati a tirare le somme fa parte di un più ampio disegno, che almeno io ho interpetato. che sia l’unico coglione?

il messaggio che ci arriva dalle ultime due puntate è chiaro: un’altra televisione in italia è impossibile. tutto farà sempre cagare e starà sempre nelle maglie di una certa rete tessuta meticolosamente per poter imbonire al meglio il paese. per dirla in altre parole: la qualità non paga. e forse il senso più generale di questa terza serie di boris era proprio questo, ecco perchè a tratti a molta gente (me compreso) ha fatto storcere il naso: non si rideva più come nelle due scorse stagioni e le battute erano più difficili da cogliere, molte volte erano addirittura assenti; sembrava una stagione meno tagliente. invece credo che la trovata sia stata proprio questa: si parlava di una nuova serie (medical dimension) che puntava tutto sulla qualità, a fare le cose come gli americani, si diceva che in italia un’altra televisione fosse possibile (un’utopia) e tutti ci credevano. il messaggio è quindi questo: se si punta sulla qualità, nulla fa più ridere, quegli ingranaggi rodati de alla cazzo di cane si vanno a sfaldare.

credo fosse questo il percorso mentale e televisivo che i tre autori di boris volessero farci fare. un percorso di cui te ne accorgi, però, solo all’ultima puntata, quando anche renè capisce, gli scatta quel click, si ribella e ti dice chiaramente che le cose così come sono andate per dodici puntate non erano possibili.

difatti chiusura di stagione per boris davvero entusiasmante! con il fattore del torniamo a fare le cose a cazzo di cane, si è davvero riso. e non poco. se ci fate a caso, non a caso, nell’ultima puntata c’è il ritorno di tutta una serie di vecchie conoscenze: dalla mitica cagna di corinna, a cristina, alla gusberti, a glauco il direttore della fotografia. ottima la trovata del nuovo svecchiato o del vecchio snuovato: servire sempre lo stesso piatto ma con qualche accorgimento nuovo (la locura, la rambata, la frociaggine). il fatto che la televisione voglia qualcosa di nuovo, ma non sappia cosa, senza staccarsi troppo dal vecchio, è data da un fulgido esempio: tutti pazzi per amore. che effettivamente di per sè, come fiction della tivù generalista, non è male. ma se la andiamo ad analizzare bene, le dinamiche sono quelle già viste in capri, elisa di rivombrosa e altra merda simile. boris ha preso la palla al balzo e ha dato l’incipit a una parodia spassosissima della sopvraccitata fiction rai (questo per l’appunto l’elemento di locura): con stanis e le altre due donne che cantano e ballano dammi tre parole: occhi del cuore…

credo non vi sarà una quarta stagione, come già annunciato ufficialmente dagli autori e come lo hanno fatto anche capire nell’ultima: ricordate lo sceneggiatore pentito che dice? secondo lui per ogni serie è inutile spingersi più in là della terza stagione.

si attendono quindi grandi cose per il film… oppure lo sfacielo totale!

colgo l’occasione per dare un più a davide marengo per la sua regia: molto ggggiovane e in linea con la serie. ah, stupendo e sensazionale il cameo dell’immenso paolo sorrentino. e del suo relazionarsi con jonas…

avatar



ecco la grande differenza tra un viral e una pubblicità serrata delle più classiche: il primo solitamente, basandosi di fatto sul passa parola, mette in luce prodotti nuovi e interessanti. il secondo invece, entra in campo, quando il primo non può farlo. questo è il caso di avatar.

uno dei film più inutili che abbia mai visto. sarò snob? può darsi, ma vi giuro che dopo un quarto d’ora di film sono crollato e ho dormito per un’ora buona. ovviamente al risveglio ho ripreso in men che non si dica la trama del film, come se il sonno non fosse mai venuto… per citare un altro grande film (questo sul serio!), i centocinquantanove minuti che seguivano il primo, sono stati i più inutili della storia del cinema. una storia di una banalità inaudita, financo disney nei suoi anni peggiori, sarebbe riuscito a partorire qualcosa di meglio: dai dialoghi da farti sbattere le palle su una cariola (ecco il più bello: “dai, distruggete tutto che poi vi offro da bere al bar!”. giuro, è così!) al cattivo più classico di hollywood (che credo sia una famiglia di attori a cui gli è stato dato il compito di ricrearsi tra di loro e fare sempre la parte dei cattivi-mascelloni nei film americani) e soprattutto, dulcis in fundo, vi erano degli effetti speciali al di sotto delle mie aspettative.

mi era stato presentato come la rivoluzione del treddì, tant’è che io mi aspettavo tipo un’ologramma e invece nella maggior parte delle scene non si riuscivano nemmeno a distinguere i vari campi di profondità.

e per fortuna james cameron ha aspettato più di dieci anni prima di fare questo film, dopo il capolavoro di titanic… nonostante tutto, non conosco una persona che non sia andata a vederlo o che non abbia in programma di farlo. poi, il famoso messaggio ambientalista ‘ndo stava? si poteva cogliere molto tra le righe, ma non credo proprio che l’americano redneck dell’alabama che va in chiesa tutte le domeniche lo riesca a cogliere. a quello non gli fa un baffo.

altra piccola nota di colore da notare: nella stragrande maggioranza dei film “fantascientifici” e di conseguenza anche in questo, gli extraterrestri hanno una forma uguale a quella umana, hanno due occhi, un naso, due orecchie, scopano come gli esseri umani e hanno il sangue rosso!

domenica, gennaio 17, 2010

soul kitchen



vedendo questa bellissima e convincente pellicola, di una cosa sono certo: quanto ha semplificato e banalizzato le recensioni che si trovano sui giornali.

e la seconda cosa che mi è venuta in mente oggi una volta finita la proiezione è stata: “mammamia che regista poliedrico che è faith akin!”. i suoi precednti lavori gli ho visti tutti e due, sia la sposa turca che ai confini del paradiso; due splendidi film per carità, ma che viaggiavano un po’ sulla falsa riga della zappa sui piedi.

soul kitchen invece è qualcosa di completamente diverso, senza dubbio una commedia in piena regola. non è solo la storia dell’impresa ai coinvolgerti (cosa che accade in molti film di questo genere), ma bensi tutto il contorno che sta a parte, se volessimo usare dei termini culinari. è una di quelle commedie che tiene i registri sempre molto alti, senza mai cadere nel lassismo o, peggio ancora, nel moralismo cinematografico. e secondo me questo non è un aspetto da sottovalutare in virtù soprattutto degli ultimi prodotti che si vedono nelle sale…

non voglio fare come il resto dei censori e stare qui a riassumervi la trama, anche perchè è troppo variegata e rischierebbe quindi di essere soggetta a semplificazioni da parte mia. fidatevi di un consumatore, cinefilo, spettatore (o quello che volete) come me: andatelo a vedere e non vi pentirete.

Ricordi I