domenica, luglio 19, 2009

fortapàsc



la cosa che colpisce più del film è la sua naturalezza e schiettezza. si tratta infatti di una pellicola acqua e sapone, ma non per questo scontata, anzi attraverso questa storia si vanno a toccare corde molto profonde.

giancarlo siani è stato un vero e proprio eroe, un saviano degli anni’80, ma senza scorta. uno dei pochi giornalisti seppur non ancora professionista, che credeva nella vera essenza di quel mestiere. con la morte di giancarlo siani, è stata messa una benda sulla bocca del giornalismo italiano tutto, ma questa è solo una dell einnumerevoli vicende. il manifesto del film rievoca piuttosto bene questa sensazione. beh, la storia è ovviamente scontata: l’eroe alla fine muore, altro che èppi ending. molto intenso anche l’inizio dell’opera, dove la voce del personaggio si estranea un attimo dal contesto e dice che se avesse saputo che quelli erano i suoi ultimi cinque minuti di vita, forse non avrebbe ascoltato vasco rossi alla radio. poi flescbec e la storia inizia dall’inizio.

libero de rienzo veramente spettacolare, non solo nella rassomiglianza fisica, ma nei modi di fare, tant’è che sembrava di rivedere un siani ancora tra il mondo dei vivi. torno a ripetere: la regia aveva un chè di televisivo, ma tuttosommato non stonava mica troppo dal contesto, insomma è pur sempre lo stile della famiglia risi. personalmente mi ha toccato molto di più un film del genere che gomorra, il quale ogni giorno che passa lo trovo sempre più una trovata commerciale e poco altro. la naturalezza che invece trasale da questa pellicola è unica, in un’ora e mezza riesci ad affezzionarti a questo personaggio quasi fosse un fratello. peccato per la ridotta distribuzione, ma ne vale sicuramente la pena. poi, vedere un film del genere in una città come milano, risulta ancora più strano che a circa 700km da essa siano successe e continuino a verificarsi situazioni del genere, alla far west. curioso anche il titolo del film, che proviene da una frase scritta dallo stesso siani in un articolo per il mattino di napoli; egli definisce torre annunziata, luogo tutt’ora colpito massicciamente dalla camorra, un fort apache, ovvero un luogo senza via di scampo.

una cosa su cui mi sto ancora interrogando da quando ho visto il film è il finale. ve lo svelo, ma tanto sapete già come è andata a finire. l’ultima scena del film è quello dove due killer sparano cinque colpi al giornalista, dopodichè c’è un controcampo sul suo corpo riverso e insanguinato e di sfondo i due assassini che se ne vanno. quello che mi chiedo è: era proprio necessario fare quest’ultima inquadratura? non poteva funzionare meglio tagliando sulla faccia di siani nei suoi ultimi istanti di vita? però poi mi son detto: così sarebbe come non guardare in faccia alla realtà, è giusto invece vedere cos’hanno combinato realmente i camorristi, senza mezzi termini e seppure l’immagine possa risultare un po’ forte, è giusto che sia così. e se però avesse tagliato dalla panoramica dall’alto quando lui è ancora in macchina e sta viaggiando? insomma alla fine della stessa scena iniziale. credo che facendolo finire in questo modo, abbiano voluto tatuarcelo nel cervello, in modo da non poter dimenticare.

principessa




avete presente il peggior film che avete visto nella vostra vita? ecco, dimenticatelo. perchè nulla sarà più brutto e bigotto di questo!

non voglio nemmeno sprecare tempo a spiegarvi la trama, vi basti sapere che è la più anacronistica delle storie che financo i fratelli grimm si sarebbero rifiutati di raccontare. la ragazza mentalmente instabile che si innamora del ricco pulzello ma viene respinta dalla madre stronza. ecco in sedici parole riassunta la storia. recitazione di basso livello (fatta esclusione per piera degli esposti, ma poi anche lei nn è che sia questo granchè), tant’è che la protagonista recita come ruolo minore nella soap centovetrine. un regista che era meglio andasse a fare il manager o l’impiegato delle poste. il bello di tutto ciò è che ne parlo perchè conosco personalmente il regista e il babbo che c’ha messo i soldi per realizzare la pellicola (un milione di euro perchè il pargolo voleva provare l’ebrezza di girare in 35mm.). il giovane regista, classe 1981 (e compagno di scuola di mia cugina), debutta sicuramente con un fallimento. la scuola di bellocchio fa curriculum, è vero, ma bisogna anche esser capaci di muovere una macchina da presa, metercisi dietro e raccontare una bella storia.

non vi dico di non andarlo a vedere, anzi, bisogna testare coi propri occhi cosa significa un film del genere. e inoltre in questo modo potrete eliminare dalla vostra lista di film brutti ogni tipo film. ragazzi, questo sbaraglia proprio tutti!

the butterfly effect



chi di voi non ha mai sentito parlare del tanto famoso effetto. “se una farfalla sbatte le ali a zurigo, provoca un temporale a tokyo”. fa parte della teoria del caos. teoria del cazzo, aperta e chiusa parentesi. il film è anche abbastanza interessante, anche se nel suo genere abbastanza scontato (donnie darko).

il film si divide in tre blocchi della vita di evan: uno nell’età infantile, un altro nell’età adolescenziale e l’ultimo nonchè quello attuale nell’età adulta ma pur sempre ggggiovane. la sua vita ha qualche intoppo e anche le persone e i vecchi amici che lo circondano non sono messi benissimo. bisognova avere un pretesto, sennò il film perchè lo si stava a fare?

fin da bambino evan presentava ogni tanto dei bug, dei vuoti di memoria che non riusciva a colmare, così scriveva su dei diari quando accadevano. con l’avanzare degli anni scopre di avere il potere di reintrodursi nei ricordi e poterli modificare; facendo questo può ovviamente cambiare le varie situazioni, ma man mano che va avanti la situazione per lui diventa sempre più insostenibile, finendo dapprima in un carcere di nazisti, poi con gli arti amputati e infine in un manicomio. poi con l’ultimo “viaggio” finale riesce a sistemare le cose allontando da sè, sin da quando erano bambini, la ragazza che secondo lui era al fulcro della situazione e quindi la causa di tutti i problemi.

ora, come soggetto non è male: alla genta piace parlare di queste teorie assurde, piace intripparsi sulle coincidenze e sulla causalità, ma oltre questo il film non va molto più in là. roba trita e ritrita del cinema sci-fi americano. insomma tanto per darvi un’idea, come già citato prima, donnie darko sta decisamente su un altro piano. l’idea non è delle più originali, ma il film ce lo si gusta comunque volentieri, basta non essere torppo disturbati psichicamente…

piesse: scusate per il solito trailer in lingua originale.

generazione mille euro



accidenti, niente male il nuovo film di massimo venier. mi fido te, quello precedente con ale e franz, non è che mi avesse fatto impazzire. tutta roba già più o meno vista. generazione mille euro invece è qualcosa di nuovo, non troppo, ma abbastanza.

matteo moretti è un giovane trentenne e matematico piuttosto brillante che percepisce 1000€ al mese da un’azienda che gli fa cagare ed è sempre sull’orlo del precariato. inoltre tiene delle supplenze presso l’università per soddisfare le esigenze del suo vecchio prof. insomma, come la maggior parte dei giovani che abitano oggi questo paese. divide la casa con un amico proiezionista, ma l’affitto tra le varie cose è troppo caro. si insedia così una bella ragazza in modo da poterli supportare nel dividere il costo dell’affitto. ovviamente il nostro protagonista si innamora di lei una volta che è stato scaricato dalla sua ex. ma non è la sola, difatto pure il suo capo, interpretato dalla bella carolina crescentini, imbastisce una storia con lui. due storie da portare avanti su due binari completamente diversi ma allo stesso tempo paralleli. matteo avrà la possibilità di riscattare il proprio lavoro partendo per barcellona con il suo “capo”, ma alla fine sceglierà di restare con gli amici, il suo vero amore (l’altra) e senza lavoro. in poche parole il più classico degli idealisti-altruisti, quelli che nella realtà non si incotrano mai.

interpreti bravi: alessandro tiberi si conferma una nuova stella nascente del cinema italiano. è bravo! ma anche il resto del cast non è da meno, come la figura classica dell’amico interpretato da francesco mandelli, il popolare vigei di emmtivì. la location, come tutti i film di venier, è milano e che effettivamente si sposa bene con il tema principale della finanza spietata. dopodichè è il film è pur sempre un film, tutto è abbastnza ovattato, diciamo che tirando le somme è il tema dell’amiciza e dell’amore che prevale più che quello del precariato, ma va benissimo così. è pur sempre un bel film. ho anche capito che lo stile di massimo venier è quello che forse mi appartiene di più, soprattutto per ciò che concerne l’uso dell’immagine: a metà tra uno stile “classico” e quindi statico e uno decisamente più moderno, quindi che veloci movimenti di macchina e montaggio piuttosto serrato. ho speso volentieri i soldi del biglietto!

piesse: qualcuno di voi sa come mai nei titoli di coda c’è un ringraziamento al mitico libero “picchio” de rienzo?

rocknrolla



è il caso di chiamarlo l’ultimo capolavoro di guy ritchie. proprio lui: l’ex marito di madonna. dopo snatch si riconferma il cortoon-director che è sempre stato. difatti andando a vedere rocknrolla, tratto per altro dall’omonimo fumetto scritto e disegnato dallo stesso regista, sembra proprio di gustarsi uno dei più classici comics americani.

la storia è piuttosto intensa e non facilmente riassumibile in poche righe; porta avanti più storie sullo stesso piano, difatti è anche difficile stabilire un vero e proprio protagonista della pellicola. in buona sostanza vi sono questi due gangster da due soldi, la classica figura del ladro buono, che hanno una soffiata per prelevare sette milioni di sterline dalla stessa persona a cui poi le devono dare. il colpo viene portato a termine brillantemente, questo fatto è dovuto anche alla scarsa sicurezza con cui viaggiavano i contabili. vi sarà poi un secondo colpo, decisamente più faticoso e doloroso. tutto per ripagare il capo della città – londra – e poter così sopravvivere. allo stesso tempo lenny cole, il capo appunto, va in affari con un ricco miliardario russo, che nel film si rifà evidentemente ad abramovich, il quale gli presterà il suo quadro portafortuna, ma lo sbadato lenny se lo farà rubare poche ore dopo. tutte le prove riconducono a johnny quidd, una rockstar strafatta, nonchè figliastro di lenny cole. la persona che fornisce i colpi da fare ai due gangster è un’affascinante contabile che allo stesso tempo si occupa degli affari del miliardario russo. capirete quindi anche voi che si tratta di una trama piuttosto intrecciata e difficile da schematizzare razinalmente nella propria testa.

il film comunque è ben fatto, un ottimo uso della camera, una fotografia scura, ma allo stesso tempo grottesca e appasionante. è il classico action-commedy, anche se in relazione ci si diverte di più che restare col fiato sospeso. personalmente mi han fatto sbarellare i titoli di testa, tutti comicsati e con un classicissimo rock’n roll in background. la performance degli attori nel complesso niente male, difatto non ci sono grossi nomi da star, fatta eccezione per il quasi irriconoscibile tom wilkinson, che interpreta per l’appunto lo sfacciato lenny cole. dopodichè non è alto cinema, intendiamoci. ma sono due ottime ore spese dietro a un bel divertimento.

fuga dal call center (fdcc)



perchè sono andato a vedere questo film? semplice! principalmente per du motivi: 1) perchè ci recitava dentro un mio conoscente. 2) perchè è un film distribuito solo in tre sale in tutta italia e ne consegue che dev’essere piuttosto interessante… almeno io ragiono così.

è una commedia, che ha sia del drammatico che del grottesco, ma tutto ammalgamato assai bene e con un principio: lanciare un messaggio d’allarme!

gianfranco è un vulcanologo appena laureato con tanto di lode, ma l’unico appiglio che riesce a trovare per sopravvivere è lavorare nove ore al giorno in call center, ovviamente nella sezione “di quelli laureati con lode”, per uno stipendio di appena più di cinquecento euro al mese. la sua ragazza, ancora laurenda, lavor come cameriera e porta a casa appena più di lui. inutile dire che, seppur convivendo, con due stipendi del genere si arriva a fatica a fine mese. dovranno quindi inventarsi vari modo per poter tirare avanti (lui andrà a fare le pulizie dai filippini, lei lavorerà presso un call center erotico), considerando che lo stesso gian viene declassato di ruolo per insubordinazione. insomma, la fuga è aspirata, ma non c’è. vedendo questo film ci si rende conto come molte volte si è legati come degli schiavi a un lavoro. ti tengono per le palle! o quello oppure ti dai al barbonaggio.

non vi preoccupate, nonostante l’importanza del tema, federico rizzo ce lo fa arrivare con un freschezza e una brillantezza che non è da tutti, se non da finish! se vi interessa, una delle tre sale dove è stato distribuito è a milano, al glorioso cinema mexico (zona navigli). assolutamente da non perdere!

piesse: vi segnalo anche il sito, che è fatto piuttosto bene.

Ricordi I